Come è noto, la spesa per l’attività di sponsorizzazione, che si svolge attraverso la promozione dell’immagine e/o dei prodotti o servizi dello sponsor (per esempio: apposizione del marchio/logo sulle divise, esibizioni di striscioni/tabelloni nei luoghi e nelle date nelle quali si svolgono le manifestazioni sportive), effettuata presso società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, interamente deducibile dal reddito del soggetto sponsor (articolo 90, comma 8, Legge n. 289/2002).
Con una recente sentenza (n. 8981 del 06 aprile 2017), la Corte di Cassazione, ribadendo taluni principi già contenuti in precedenti sentenze della stessa Corte, ha stabilito che le predette spese, nei limiti sopra indicati, costituiscono sempre spese di pubblicità integralmente deducibili, atteso che la previsione di cui al predetto articolo 90 deve essere considerata alla stregua di una presunzione di legge assoluta, superabile soltanto allorquando sia dimostrato che non sono state rispettate le condizioni e i limiti previsti dall’articolo 90, ovvero che l’operazione è un mero atto di frode.